Non avrei mai pensato di diventare testimone storico della Terza Guerra Mondiale. Ne avrei fatto volentieri a meno.
Quando me ne chiederanno conto, quando mi domanderanno cosa ho provato – se ce ne sarà occasione – racconterò del senso di impotenza diffuso, e soffuso, e totalizzante. Che non ti fanno studiare sui banchi di scuola, perché la guerra è sempre raccontata dal punto di vista dei potenti, dei politici, dei regnanti. Di chi muove le pedine come in un gioco del Risiko. Non dal punto di vista delle pedine.
Questo racconterò.
E racconterò della rabbia che dopo lo sbigottimento cresce, piano, nei confronti degli altri – ora ugualmente impotenti – che hanno sostenuto direttamente o indirettamente le figure che queste pedine le hanno mosse. I mille Salvini e le mille Meloni che hanno sostenuto Putin per tornaconto personale. Quelli che hanno sostenuto i Salvini e le Meloni per lo stesso motivo. E così via, a scalare.
Questo racconterò.
E proverò a spiegare il senso di disagio che si prova al pensiero di dover combattere una guerra con una guerra, all’idea di dover prendere una posizione morale che tuteli la libertà individuale dei popoli, il principio di autodeterminazione, che li difenda dalle invasioni e dai soprusi, e nel sapere che questa posizione passa attraverso l’accettazione della violenza in risposta. Il paradosso della tolleranza: “cercatelo su Wikipedia”, dirò. Chissà se ci sarà ancora Wikipedia, se ci sarà ancora Google, se ci sarà ancora Facebook. Chissà se ci sarà un termine nuovo che avremo coniato dopo questa guerra. Chissà se avremo imparato una nuova lezione. Chissà se ci saremo ancora noi.
Questo racconterò.
Ma ne avrei fatto volentieri a meno.